La 1^ Divisione d’Assalto nasce ufficialmente l’8 giugno del 1918 con il nome di Divisone Speciale “A”. La 2^ Divisione d’Assalto nasce ufficialmente il 27 giugno del 1918.
Qui di seguito viene riportata una sintesi dei principali avvenimenti che le hanno viste protagoniste durante la Grande Guerra.
Eventi del 1918
Durante la riorganizzazione del Regio Esercito a seguito della disfatta di Caporetto (ottobre 1917), la decisione di mantenere in vita i reparti d’assalto non è scontata. Il loro elevato rendimento è riconosciuto da tutti, tuttavia i vertici militari dimostrano di avere più di un dubbio sull’opportunità di proseguire questo tipo di esperienza. Da un lato vengono messi in discussione l’assorbimento degli elementi più validi della Fanteria e delle specialità, dall’altro la disciplina degli Arditi nelle retrovie, ben poco allineata alla mentalità militare dominante.
Successivamente prende piede l’idea di costituire delle grandi unità d’assalto, sull’esempio dell’esercito nemico. L’incarico viene dato al generale Francesco Saverio Grazioli. In qualità di comandante della brigata Lambro e della 48^ Divisione, il Grazioli ha preso in considerazione non solo gli studi e le proposte del tenente colonnello Giuseppe Bassi, ma al contempo sviluppa l’idea di utilizzare i reparti d’assalto su scala più ampia, come massa d’urto potente, ma agile e rapida, per manovre offensive e controffensive.
“È necessario anzitutto che apparisca chiaro a ciascun ufficiale la fondamentale differenza esistente fra il Reparto d’Assalto isolato, dipendente organicamente da un Corpo d’Armata, ed un Reparto facente parte di una Grande Unità d’Assalto; differenza che si riflette essenzialmente sull’impiego tattico del Reparto stesso, il quale mentre nel primo caso era chiamato ad agire con una operazione singola, limitata ed episodica sul fronte di Armate in linea, nel secondo caso verrà a costituire parte di un grande organismo creato per compiere operazioni di vasta portata comprendenti il travolgimento di interi sistemi difensivi nemici ed il dilagamento al di la dei sistemi stessi, fin dove sarà, con ogni sforzo, possibile giungere per impedire ad ogni costo una nuova stabilizzazione della fronte nemica. In conseguenza è evidente che non sarà in alcun modo possibile attendere il regolare affluire dei rifornimenti da tergo, di più, in alcune operazioni veramente audaci, non si potrà nemmeno contare sui mezzi di trasporto assegnati ai singoli Reparti (salmerie e carreggio). Si può dire dunque che tanto più ardite saranno le operazioni affidate ad una Grande Unità d’Assalto, tanto più sarà necessaria, e richiesta imperiosamente da esse, l’autonomia, la quasi indipendenza logistica per almeno quattro giornate.” – Circolare n.4301 di prot. Op. del 1 agosto 1918
Il 10 giugno 1918 il Comando Supremo ufficializza la nascita del Corpo d’Armata d’Assalto, formato dalla Divisione Speciale “A” (generale Ottavio Zoppi), composta da 9 reparti d’assalto, suddivisi in 3 gruppi: V, X e XX (colonnello Grillo); XII, XIII e XIV (colonnello Raggio); VIII, XXII e XXX (colonnello Trivulzio) e dalla Divisione Czeco-Slovacca (generale Andrea Graziani).
Oltre a tracciare le modalità d’impiego di questa nuova unità, il generale Grazioli deve superare la diffidenza e l’insofferenza dei reparti che vedono svanire l’autonomia goduta fino a quel momento alle dipendenze dei vari corpi d’armata.
Pochi giorni dopo la sua costituzione la Divisione Speciale viene impiegata per respingere la grande offensiva scatenata dagli austro-ungarici sul fronte del basso Piave. Gli Arditi combattono valorosamente e il loro valore e contributo viene riconosciuto dallo stesso generale Diaz. Durante questi combattimenti i principi tattici di Grazioli non vengono realmente assimilati e adottati. Lo stesso Zoppi dichiara che la Divisione è stata buttata nella mischia in modo intempestivo, senza un preciso disegno e persino senza le necessarie dotazioni di petardi.
A testimonianza dell’abnegazione dei suoi uomini e della violenza degli scontri, la Divisione “A” lamenta un’altissima percentuale di perdite ben il 20% degli organici: 16 morti, 54 feriti e 4 dispersi tra gli ufficiali; 268 morti, 925 feriti e 331 dispersi tra la truppa.
L’esperienza maturata durante la battaglia del Solstizio porta all’adozione di alcune importanti modifiche nella fisionomia della Divisione. In primo luogo a ogni Gruppo viene sottratto un reparto d’assalto (V, XIV e XXX) e assegnato un battaglione di bersaglieri (I, VII e IX). Lo scopo dei nuclei di Arditi (20-30 uomini) è quello di perforare ad ogni costo le linee nemiche portando disorientamento e scompiglio, mentre quello dei bersaglieri di consolidare e difendere quanto conquistato dagli Arditi o coprire la loro ritirata nel caso di insuccesso.
Per poter dilagare nel varco aperto nelle lince nemiche, il Corpo d’Armata d’Assalto si arricchisce di un gruppo di cavalleria, due battaglioni di bersaglieri ciclisti ed alcune compagnie di mitragliatrici e auto-mitragliatrici blindate.
Il 27 giugno viene costituita la 2^ Divisione d’Assalto (generale Ernesto De Marchi) sempre articolata in 3 gruppi: XIV, XXV e III bersaglieri (tenente colonnello Della Chiesa d’Isasca, poi sostituito dal tenente colonnello Fasulo); I, V e XV bersaglieri (tenente colonnello Degli Oddi, poi sostituito dal tenente colonnello Galiani); VI, XXX e LV bersaglieri (colonnello Trivulzio, che aveva lasciato il comando del 3° Gruppo al colonnello Bertolotti).
Durante l’estate i battaglioni si allenano singolarmente ad avanzare sotto l’arco delle traiettorie dei colpi dei mitraglieri e degli artiglieri, coi quali viene perfezionato l’affiatamento, e si impegnano anche in numerose esercitazioni con il loro Gruppo, seguite da minuziose analisi spesso in presenza dello stesso generale Grazioli.
Il 27 agosto entrambe le Divisioni, schierate in ruoli opposti, partecipano ad una grande manovra in campo aperto a Granze di Frassenelle, tra il Brenta e il Bacchiglione. Al Corpo d’Armata d’Assalto viene assegnato un ruolo particolarmente importante in occasione della battaglia finale: quale avanguardia del XXII° e del VIII° Corpo d’Armata (8^ Armata del generale Caviglia) deve attraversare il Piave e prendere possesso della direttrice Falzè-Vittorio in modo da separare le armate austro-ungariche della pianura da quelle della montagna.
La 1^ Divisione d’Assalto riesce ad attraversare il Piave in piena la notte sul 27 ottobre, travolgere le prime difese avversarie, occupare la linea dei villaggi (Mosnigo, Moriago, Fontigo, Sernaglia, Villamatta e Falzè), catturare le batterie, respingere i contrattacchi e i tentativi di infiltrazione, mantenere le posizioni nonostante le difficoltà di rifornimento per i ponti interrotti.
Superata la fase critica, il 29 ottobre la Divisione inizia ad avanzare verso Vittorio, ma all’alba del 30 giunge un ordine che impedisce agli Arditi di entrare trionfalmente nella cittadina liberata.
Durante i quattro giorni di combattimento la 1^ Divisione registra: 293 morti, 823 feriti e 56 dispersi, avendo catturato circa 3.500 prigionieri, 36 pezzi d’artiglieria, 6 bombarde, 168 mitragliatrici e molto altro materiale.
L’azione di rottura della 2^ Divisione d’Assalto, che deve portare alla conquista della linea Col della Tombola-S.Salvatore-Susegana, viene invece vanificata dalla reazione dell’artiglieria nemica e dalla violenza delle acque del fiume. Il Piave viene attraversato solamente all’alba del 29, quando la resistenza nemica inizia concretamente a vacillare.
Dopo aver soppresso alcune tenaci retroguardie, in particolare al castello di S. Salvatore e a Collesei, alla Divisione viene dato l’obiettivo di inseguire il nemico in fuga nella stretta valle del Piave. Il 2 novembre i reparti avanzano da Serravalle a Ponte nelle Alpi e il 3 liberano combattendo Longarone, Olantreghe, Castel Lavazzo e Ospitale di Cadore. Nelle ultime ore prima dell’armistizio (ore 15 del 4 novembre) la 2^ Divisione travolge le retroguardie poste a Perarolo, raggiungendo Pieve di Cadore e spingendo le sue punte avanzate a Calalzo, Forni di Zoldo, Selva di Cadore e Borca di Cadore.
Complessivamente vengono catturati oltre 4.500 prigionieri, 30 cannoni e 50 mitragliatrici, al prezzo di 38 morti e 125 feriti.
Poco dopo la fine del conflitto vengono sciolti il Corpo d’Armata d’Assalto (28 novembre 1918) e poi la 2^ Divisione (25 febbraio 1919), mentre la 1^ Divisione viene inviata in Libia (febbraio-marzo 1919) per rinforzare la difesa della fascia costiera, controllata dagli italiani. La diplomazia nel frattempo raggiunge un accordo con i capi dei ribelli arabi (21 aprile 1919). Gli Arditi non prendono quindi parte ad alcuna azione bellica, limitando la loro attività ad esercitazioni in terreno desertico e lavori stradali. Le uniche perdite sono causate dalle malattie e dall’incidente navale occorso nell’Adriatico al piroscafo Umbria durante il trasporto a Tripoli del 3° Gruppo: 3 morti, 18 feriti e 82 dispersi in mare.
Dopo il rientro in Italia (primi giorni del luglio 1919) e una breve permanenza in Emilia, i vari reparti della 1^ Divisione vengono schierati lungo il confine orientale per la crescente tensione col neonato Regno dei Serbi, Croati e Sloveni.
In settembre si verificano numerosi casi di diserzione: singoli uomini, intere compagnie e addirittura l’intero VIII° Reparto d’Assalto seguono D’Annunzio a Fiume. Al fine di evitare ulteriori defezioni i reparti vengono allontanati dal confine ed infine l’intera Divisione viene sciolta (10 gennaio 1920).
I tre reparti più affidabili (X, XX e XXII) vengono tenuti in vita per formare – assieme al ricostituito IX° Reparto d’Assalto – il Reggimento d’Assalto (14 gennaio 1920). Questo viene inviato in Albania a metà giugno e subito impegnato in combattimento a ridosso del campo trincerato di Valona (19-20 giugno 1920).
Il 20 giugno il comando viene affidato al colonnello Giuseppe Bassi, che subentra al generale De Gaspari. Il 25 giugno un plotone del X° Reparto d’Assalto tenta un colpo di mano contro nuclei di cecchini ribelli. Il 23 luglio vi sono altri duri scontri tra il monte Longia e il Messovum, riconquistato dalle Fiamme Nere del IX° Reparto d’Assalto e del XX° Reparto d’Assalto (12 morti e 38 feriti). A seguito dell’armistizio, il 19 agosto il Reggimento rientra a Trieste sul piroscafo Bormida.
Il 17 novembre 1920 segna una data storica: lo scioglimento del Reggimento e dei suoi tre eroici reparti (IX°, X° e XXII°). Il XX° Reparto d’Assalto viene invece sciolto il 28 febbraio 1921. Termina così l’epopea degli Arditi della Grande Guerra.
Fonti Bibliografiche
- Di Martino Basilio e Cappellano Filippo: I reparti d’assalto italiani nella grande guerra (1915-1918) | Roma, Ufficio storico dell’esercito, 2007 (doppio volume)
- Roseano Roberto, Stacconeddu Giampaolo: Arditi Decorati e Caduti – Reparti d’Assalto, 1917-1920 | Autoprodotto (Amazon), 2016