Il IX° Reparto d’Assalto nasce ufficialmente il 20 maggio del 1918 a seguito delle disposizioni del Comando Supremo che allinea il numerale dei reparti d’assalto a quello dei corpi d’armata di appartenenza. Gli Arditi di tale reparto – comandati in battaglia dal Maggiore Giovanni Messe – passano alla storia come gli eroi del Col Moschin. È bene precisare che il reparto viene costituito già a partire dal settembre del 1917 con il numerale di VI° Reparto d’Assalto.
Qui di seguito viene riportata una sintesi dei principali avvenimenti che lo hanno visto protagonista durante la Grande Guerra.
Eventi del 1917
La data ufficiale di costituzione del VI° Reparto d’Assalto è il 23 settembre 1917. Il centro di mobilitazione è il deposito del 45° Reggimento Fanteria, mentre le brigate da cui provengono i volontari sono la Reggio, la Alpi, la Calabria e la Torino.
La fase di inquadramento e addestramento è ancora in corso quando gli Arditi del VI° – comandati dal capitano Martini – vengono utilizzati come estrema retroguardia a copertura della ritirata dal Cadore per poi passare il Piave sul ponte di Vidor.
A dicembre – con lo stabilizzarsi del fronte – vengono avviati i lavori di riorganizzazione del reparto che vengono affidati al IX° Corpo d’Armata. Data la penuria di uomini idonei ad entrare a far parte degli Arditi, inizialmente viene costituita una sola compagnia con elementi provenienti dalle truppe di montagna. Proprio per questo motivo viene deciso che gli Arditi del VI° Reparto d’Assalto dovranno indossare sul bavero le fiamme verdi invece delle canoniche fiamme nere (queste ultime verranno re-introdotte con il cambio del numerale da VI° a IX° Reparto d’Assalto del maggio 1918).
In data 24 dicembre il reparto è articolato su due compagnie con due sezioni mitragliatrici, quattro sezioni pistole-mitragliatrici e due sezioni lanciafiamme, per un totale di 21 ufficiali e 547 uomini di truppa (alcuni provenienti dal V° e XVIII° Reparto d’Assalto).
Eventi del 1918
Il 14 e 15 gennaio il 140° Reggimento Fanteria (Brigata Bari) tenta di riconquistare il Monte Asolone. Un plotone del VI° Reparto d’Assalto – agli ordini del sottotenente Aurelio Rossi – viene utilizzato a sostegno dell’azione sul costone tra quota 1.440 ed Osteria il Lepre.
Il tenente Alberto Businelli – nel suo “Gli Arditi del IX” – ricorda così l’operazione degli uomini del VI° Reparto d’Assalto:
“Il sottotenente Rossi, con un plotone, è andato a fare un colpo di mano sull’Asolone. Occorreva far prigionieri gli uomini di un posto avanzato per costringerli a cantare. L’azione non è riuscita perché gli Arditi, una volta sul posto, hanno ucciso tutti i nemici. Il Rossi, che si è battuto magnificamente, è tornato leggermente ferito e con la proposta di una medaglia d’argento. Lo invidio”.
La medaglia d’argento al valor militare è stata poi conferita con la seguente motivazione:
ROSSI Aurelio, da Roma
MAVM (1919) – Tenente complemento 6 reparto assalto
Sprezzante del pericolo, sotto l’intenso bombardamento nemico, con slancio e valore mirabili, trascinava i suoi uomini alla conquista di una forte posizione. Più tardi si offriva volontariamente, con pochi uomini, per andare a raccogliere i feriti, rimasti tra la nostra linea e quella avversaria. In ogni circostanza dava impareggiabile esempio di elevate virtù militari.
Monte Asolone, 15 gennaio 1918
Il Comando del Maggiore Giovanni Messe
Nei primi giorni di febbraio il comando del reparto passa al maggiore Giovanni Messe proveniente dal 57° Reggimento Fanteria e già decorato con due medaglie d’argento al valor militare. Sotto il suo comando gli uomini del VI° raggiungono in breve tempo un eccellente livello di addestramento.
Sempre il tenente Businelli descrive così il contributo del maggiore Messe alla preparazione dei suoi Arditi:
“Il nuovo comandante è quale ce lo figuravamo: un costruttore di primissimo ordine. Non sono molti giorni che è venuto fra noi e già la fisionomia del reparto è cambiata, si sente un ‘comando’ e questo non dispiace a nessuno. Gli arditi lo hanno notato con compiacenza e non si sono peritati di spiattellarlo a noi Ufficiali durante le istruzioni teoriche pomeridiane”.
Il 1 aprile 1918 il reparto – ancora costituito su due compagnie – ha un organico di 19 ufficiali e 460 uomini di truppa. Questo viene schierato con la 17^ e 18^ Divisione all’ala sinistra della 4^ Armata, da Rocce Anzini, sul Brenta, a Monte Asolone, nel cuore del massiccio del Grappa.
Nella notte sul 20 aprile – presso il settore di Casere Cestarotta – viene effettuata un’azione da parte del plotone del tenente Guido Palma. Gli Arditi si appostano nella boscaglia sul pendio davanti alla casa, ma nonostante il loro massimo silenzio il nemico austro-ungarico si accorge della loro presenza ed inizia a monitorare la zona grazie all’aiuto dei razzi illuminanti. Per ben due volte gli Arditi del VI° Reparto d’Assalto tentano di tagliare i fili dei reticolati e balzare all’attacco, ma il fuoco delle mitragliatrici nemiche si rivela un ostacolo insormontabile. Il tenente Palma è pertanto costretto a ritirare gli uomini del suo plotone.
Con il mese di maggio inizia la formazione della terza compagnia, inizialmente prelevando un plotone da ciascuna delle altre, poi attraverso l’arrivo di circa 200 nuovi complementi.
Nella notte sul 15 maggio il VI° Reparto d’Assalto – al comando di Messe e di concerto con il comando della Brigata Basilicata – torna in azione con due compagnie nella regione dell’Asolone. L’obiettivo è effettuare due colpi di mano simultanei presso quota 1.486 e 1.520 per catturare prigionieri ed impadronirsi di materiale bellico. Per garantire la sorpresa viene scelta una notte piovosa e senza luna.
A mezzanotte, gli Arditi della 2^ Compagnia del capitano Angelo Zancanaro – appoggiati da un nucleo di Arditi Reggimentali del 92° Reggimento Fanteria – si portano a ridosso dei reticolati nemici presso quota 1.486. Dopo aver superato il filo spinato – non senza aver incontrato qualche inattesa difficoltà di manovra – gli Arditi assaltano gli appostamenti delle vedette tramite un fittissimo lancio di petardi Thévenot. In pochi minuti il nemico viene sopraffatto e quasi totalmente annientato. Gli Arditi tornano infatti nelle proprie linee con un solo prigioniero.
Contemporaneamente – presso quota 1.520 dell’Asolone – viene condotta anche l’azione della 1^ Compagnia del capitano Umberto Pinca assieme ad un nucleo di Arditi Reggimentali del 91° Reggimento Fanteria. Durante le fasi dell’assalto, gli Arditi vengono accolti da un intenso lancio di razzi illuminanti che permettono al nemico di aprire il fuoco con facilità. Le truppe d’assalto italiane riescono ad entrare nelle trincee nemiche, ma ben presto – complice l’intervento dell’artiglieria avversaria – sono costretti a ritirarsi. Durante i violenti scontri, il comandante del nucleo di Arditi Reggimentali – tenente Mario Marani – cade in combattimento.
Le due operazioni non portano al risultato sperato, ma lo slancio e l’ardore dimostrato sul campo dagli Arditi tiene alto il morale delle truppe ed è inoltre una concreta dimostrazione della loro superiorità in questo tipo di azioni fulminee. Lo stesso tenente generale Giardino il 17 maggio scrive le seguenti parole di apprezzamento al IX° Corpo d’Armata:
“Mi compiaccio del contegno della truppa dipendente da codesto comando durante l’azione dell’Asolone (q. 1.520 – q. 1.486) eseguita la notte sul 15.
Se il numero dei prigionieri è limitato ed è mancato il bottino, rimane pur sempre come risultato, tutt’altro che scarso, il fatto d’essere penetrati nelle linee nemiche, d’aver fatto ritirare da esse il nemico e di avergli inflitto notevoli perdite.
L’azione risulta ben studiata e minuziosamente preparata. Di ciò va dato giusto merito al comandante la brigata Basilicata ed al comandante il IX btg. d’assalto ai quali prego comunicare il mio vivo compiacimento”.
Sempre durante il mese di maggio il numerale del reparto cambia ed il VI° diventa il IX° Reparto d’Assalto. Al 1 giugno 1918 questo è formato da 19 ufficiali e 657 uomini di truppa.
La Conquista del Col Moschin
Il mattino del 15 giugno, durante le prime fasi della cosiddetta Battaglia del Solstizio, la 27^ Divisione austro-ungarica supera rapidamente le difese di prima linea del IX° Corpo d’Armata disposto da Rocce Anzini al Monte Asolone. Dopo aver conquistato il Col del Miglio il nemico viene arrestato sulla destra davanti al Monte Coston, ma sulla sinistra riesce a conquistare in rapida successione il Col Fenilon (1.397 m), il Col Fagheron (1.315 m), Palazzo Negri e il Col Moschin (1.278 m).
A presidio di questo settore – essendo rimasti solamente i resti dei battaglioni della Brigata Abruzzi – viene inviata anche la Brigata Basilicata comandata dal colonnello brigadiere Giorgio Boccacci a cui viene affidata la difesa dell’intera linea. Dopo aver sbarrato la Val Pertuso, Boccacci decide di passare al contrattacco utilizzando il IX° Reparto d’Assalto.
Gli Arditi di Messe si presentano alle 12,15 presso Col del Gallo mettendosi a disposizione del comandante della Basilicata. Il piano d’attacco è la riconquista in successione dei colli persi, partendo dal Fagheron, seguito dal Fenilon ed infine dal Col Moschin, il tutto sostenuto dal tiro di sbarramento dell’artiglieria. Gli uomini di Messe – per quanto stanchi dalla marcia – si portano immediatamente all’attacco al fine di non dare tempo al nemico di attestarsi sulle posizioni appena conquistate.
Alle ore 14 la 1^ Compagnia muove con decisione contro Palazzo Negri, Casa del Pastore e Casa dei Briganti per poi dirigersi contro il ridotto di quota 1.318 impadronendosene con incredibile rapidità. Durante quest’ultima azione il capitano della compagnia Umberto Pinca perde la vita. Nel frattempo la 2^ Compagnia del capitano Zancanaro riprende il controllo del Col Fagheron per poi portarsi all’assalto delle posizioni di Chiesa S.Giovanni e riprendendo così il contatto con la Brigata Calabria.
In poco più di 15 minuti gli Arditi di Messe riconquistano tutta la linea che da quota 1.318 arriva al Col Fagheron. Mentre il IX° Reparto d’Assalto riordina le sue fila, il 91° Reggimento Fanteria (Basilicata) si dispone alla sua sinistra per garantire la continuità del fronte e bloccando definitivamente la pericolosa avanzata austro-ungarica. A questo punto Messe manda alcuni suoi Arditi in pattuglia al fine di giudicare la situazione presso il Fenilon e il Col Moschin, trovandoli particolarmente ben difesi.
Sulla base di queste informazioni viene preparata la seconda fase della riconquista, fissata per le ore 22, subito dopo la cessazione del tiro di repressione dell’artiglieria italiana sulle posizioni di Col Fenilon e Col Moschin. Gli Arditi del IX° Reparto d’Assalto iniziano alle ore 21 l’avvicinamento sotto l’arco del tiro italiano, seguiti da una compagnia del 91° e da un plotone dei suoi Arditi Reggimentali. Alle 22 – allungato il tiro – gli Arditi scattano all’assalto di Col Fenilon risalendone il pendio a colpi di petardi e lanciafiamme. Alle ore 23 la cima viene totalmente riconquistata sebbene a seguito di un’accanita e disperata difesa avversaria. Gli Arditi prendono prigionieri 5 ufficiali, 80 uomini di truppa e 4 mitragliatrici. Lasciato il colle nelle mani del 91° e 92° Reggimento Fanteria, gli uomini di Messe alle 3 di mattina del 16 giugno scendono a riordinarsi sul rovescio di quota 1.318.
Alle ore 4 il Maggiore Messe viene informato che la riconquista del Col Moschin è stata fissata per le ore 7, momento in cui il tiro dall’artiglieria italiana sarebbe stato allungato. Alle ore 6 gli Arditi si ammassano nella selletta di Col Moschin, tuttavia alle ore 7 l’artiglieria italiana non allunga ancora il tiro come da ordini. Nonostante questo contrattempo gli Arditi di Messe decidono comunque di scattare all’assalto e alle ore 7.10 – dopo quindi soli 10 minuti – il Col Moschin viene totalmente riconquistato con un bottino di 27 ufficiali, 250 uomini di truppa, 17 mitragliatrici, un cannoncino da trincea, 2 batterie da montagna, una colonna di 20 muli e altro materiale. Affidata la posizione al 92° Reggimento Fanteria, il IX° Reparto d’Assalto torna in riserva dietro quota 1.318 per procedere ad un conteggio delle perdite subite a seguito di 2 incessanti giorni di combattimenti: un ufficiale morto (il capitano Pinca) e uno ferito (il capitano Teobaldo Vantini della 3^ Compagnia), 5 morti e 80 feriti fra la truppa.
Per le imprese di questi giorni di giugno agli Arditi di Messe vengono conferite 40 medaglie d’argento al valor militare e 19 medaglie di bronzo al valor militare. Fra queste si citano:
BEER Umberto, da Ancona
MAVM (1919) – Tenente complemento 9 reparto assalto
Di mirabile coraggio, con tre anni di campagna diede numerose prove di valore e di audacia. In aspri combattimenti per la riconquista di importanti posizioni, quale aiutante maggiore in 2^ fu intelligente e coraggioso coadiutore del comandante del battaglione. Percorse più volte di notte una zona a lui sconosciuta e battuta intensamente del fuoco nemico, per mantenere il collegamento fra i reparti. Con pochi uomini si slanciò avanti per opporsi all’avversario, che disperatamente cercava di infiltrarsi e dilagare nelle nostre linee. Con l’esempio validissimo contribuì, poi, ad un’altra vittoriosa azione che fruttò numerosi prigionieri, mitragliatrici e grande quantità di materiale bellico.
Col Fenilon – Col Fagheron – Col Moschin, 15-16 giugno 1918
PINCA Umberto, da Castel Gandolfo (Roma)
MAVM (1920) – Capitano 9 reparto assalto
Comandante di una compagnia d’assalto, incaricato di sloggiare il nemico da una fortissima posizione, dalla quale minacciava seriamente il fianco ed il tergo delle nostre truppe, attaccava con impeto, alla testa dei suoi arditi, riuscendo a conquistare la posizione ed a catturare prigionieri e mitragliatrici, finché quando più gli sorrideva la vittoria, colpito in fronte, cadeva da prode.
Col Fenilon – Col Fagheron – Col Moschin, 15-16 giugno 1918
SCIANNA Ciro, da Bagheria (Palermo)
MAVM (1919) – Soldato 9 reparto assalto, n.55451 matricola
Soldato d’impareggiabile audacia, infaticabilmente ardito, durante la fierissima lotta per la conquista di forti posizioni nemiche era di esempio mirabile ai suoi compagni, che lo seguivano con fede ed entusiasmo. Raggiungeva fra i primi i nemici coi quali impiegava lotta a corpo a corpo, riuscendo ad atterrarne un buon numero, e, con l’aiuto di pochi uomini, catturava numerosi prigionieri e materiale bellico.
Col Fenilon – Col Fagheron – Col Moschin, 15-16 giugno 1918
ZANCANARO Angelo, da Arsiè (Belluno)
MAVM (1919) – Capitano 9 reparto assalto
Nella conquista di alcune posizioni di vitale importanza, conduceva la propria compagnia con slancio e forza travolgente. Alla testa dei suoi arditi, primo fra i primi, magnifico per sereno coraggio e sprezzo del pericolo, con scatto fulmineo raggiungeva l’obiettivo, circondava il nemico molto più forte di numero, e dopo fiera lotta, l’obbligava alla resa. Coronava l’ardita azione, catturando 27 ufficiali, 250 uomini di truppa, 17 mitragliatrici e numerosissimo materiale bellico.
Col Fenilon – Col Fagheron – Col Moschin, 15-16 giugno 1918
ZANFARINO Maurizio, da Sassari
MAVM (1919) – Tenente 9 reparto assalto
In fierissimi combattimenti per la riconquista di importanti posizioni, guidava mirabilmente e con magnifica audacia la sezione mitragliatrici, raggiungeva, fra i primi, le trincee nemiche e, postate le armi rapidamente, falciava il nemico, che piegava sotto l’inesorabile impeto degli arditi. Con pochi uomini affrontava, a colpi di bombe a mano, nuclei nemici, facendo prigionieri e catturando numeroso materiale.
Col Fenilon – Col Fagheron – Col Moschin, 15-16 giugno 1918
Al Maggiore Giovanni Messe viene invece conferito l’Ordine Militare di Savoia con la seguente motivazione:
MESSE cav.Giovanni, da Mesagne (Lecce)
ORDINI MILITARE DI SAVOIA – Maggiore 9 reparto assalto
Comandante di battaglione d’assalto, contro nemico forte di armi e di numero, baldanzoso di recente vittoria, tradusse in atto con singolare valentia gli ordini per riconquistare il terreno perduto. All’attacco di successive munite posizioni trasfuse nei suoi arditi il suo personale valore, la entusiastica fede nel buon successo; con perizia coordinò gli sforzi di altre truppe allo scopo, onde in breve tempo, con mirabile slancio, posizioni di capitale importanza tornavano in nostro potere con larga cattura di prigionieri e di armi.
Col Fagheron e Col Fenilon, 15 giugno 1918 – Col Moschin, 16 giugno 1918
Ciro Scianna e l’Assalto sull’Asolone
A seguito della Battaglia del Solstizio il IX° Reparto d’Assalto – composto da 21 ufficiali e 583 uomini di truppa – è accampato alla testata della Valletta dei Spini.
Per sfruttare il momento di crisi dell’avversario, il comando d’armata decide di organizzare una serie di controffensive su tutto il fronte che – il 24 giugno – portano il reparto di Messe in Val Damoro a disposizione del comandante della Brigata Bari per attaccare il Monte Asolone.
Il piano d’attacco prevede il tiro dell’artiglieria italiana dalle ore 14 fino alle ore 16. Terminato quest’ultimo è previsto l’attacco delle fanterie con il IX° Reparto d’Assalto alla testa del 139° Reggimento Fanteria. Alle ore 16 in punto gli Arditi della 2^ Compagnia vanno all’assalto, seguiti dalla 3^ e dalla 1^. La prima ondata viene falciata dalle mitragliatrici austro-ungariche appostate sulla quota 1.520 dell’Asolone e sul costone ovest di quota 1.473. Nonostante un fuoco infernale le Fiamme Nere del Maggiore Messe riescono a penetrare nelle trincee per poi andare all’attacco delle mitragliatrici stesse spazzando ogni resistenza nemica e gettandosi in una violentissima lotta corpo a corpo. La vetta dell’Asolone viene raggiunta dopo una disperata corsa degli Arditi dietro al loro portastendardo Ciro Scianna che – eroicamente – riesce a sbloccare una situazione di stallo pagando con la vita il proprio slancio. Tuttavia il micidiale fuoco dell’artiglieria avversaria ed i rincalzi che continuano ad affluire dai ricoveri della Valle delle Saline obbligano il IX° Reparto d’Assalto a ripiegare – sempre fronte al nemico – e tornare alle posizioni di partenza senza lasciare indietro nemmeno un ferito. Durante la notte gli Arditi ricacciano alcune pattuglie nemiche in esplorazione per poi ricevere il cambio dal 139° Reggimento Fanteria alle ore 6 del 25 giugno. Il reparto subisce perdite gravissime: 16 ufficiali feriti dei 20 andati all’assalto, 24 morti e 200 feriti fra la truppa su un totale di 450 uomini impiegati. Nessun Ardito viene fatto prigioniero dal nemico.
Per l’azione sul Monte Asolone vengono conferite al reparto 34 medaglie d’argento al valor militare e 19 medaglie di bronzo al valore militare. Al soldato Ciro Scianna viene invece conferita – motu proprio dal Re – la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione:
SCIANNA Ciro, da Bagheria (Palermo)
MOVM (1918) – Soldato 9 reparto assalto, n.55451 matricola
Soldato di altissimo ardimento, in aspra battaglia, sotto un micidialissimo tiro di fucileria e mitragliatrici nemiche e fra tragiche lotte corpo a corpo, portava con irresistibile slancio lo stendardo del Battaglione d’Assalto alla testa delle ondate, infiammando i compagni entusiasti del suo coraggio. Sulla vetta, raggiunta; colpito in pieno petto, cadeva nell’impeto della sua superbia audacia, dando al tricolore l’ultimo bacio ed alla Patria l’ultimo pensiero col grido di “Viva l’Italia!”.
Monte Asolone, 24 giugno 1918
(motu proprio di S.M. il Re 30 agosto 1918, B.U. Dispensa n. 63 del 27 settembre 1918)
La Battaglia Finale sull’Asolone
Il IX° Reparto d’Assalto si ritira a Pove dove le sue fila vengono rinsanguate con non meno di 230 complementi provenienti dal IV° Reparto d’Assalto di Marcia. Nel frattempo riprende anche l’addestramento svolto prevalentemente nella zona di Monte La Gusella. Questo prosegue fino ai giorni precedenti la battaglia finale che vedono il reparto composto da una forza di 27 ufficiali e 721 uomini di truppa. Il 24 ottobre gli Arditi di Messe lasciano Pove per portarsi in Val Damoro a disposizione della Brigata Bari.
Quel giorno il IX° Corpo d’Armata dà inizio all’assalto delle posizioni di Prà del Gobbo con la 17^ Divisione e del Monte Asolone con la 18^ Divisione al fine di raggiungere la zona Val Cismon – Feltre e separare così le armate avversarie del Trentino da quelle del Piave. L’attacco tuttavia entra ben presto in una fase di stallo, pertanto il comandante del IX° Corpo d’Armata – tenente generale Emilio De Bono – decide di provare il tutto e per tutto insistendo con la 18^ Divisione per sfondare la direttrice Asolone – Col della Berretta. Per perseguire il suo obiettivo decide di chiamare in causa gli Arditi del IX° Reparto d’Assalto.
L’attacco viene suddiviso su quattro colonne: a sinistra viene schierata la Brigata Bari per puntare su Casera Col del Vecchio. Al centro gli Arditi di Messe e la 6^ Compagnia del 139° Reggimento Fanteria per puntare su quota 1.486 e sulla Valle delle Saline. A destra le restanti compagnie del 139° Fanteria per puntare alla vetta dell’Asolone (quota 1.520) e procedere poi lungo la dorsale in direzione Col della Berretta. Quest’ultima colonna viene inoltre fiancheggiata da due battaglioni del 60° e 79° Reggimento Fanteria (Brigate Calabria e Roma) con obiettivo Cason delle Fratte.
Alle 5.30 di mattina gli Arditi prendono posizione nelle trincee di prima linea davanti alle quote 1.486 e 1.440. Alle 8 inizia il tiro di distruzione e alle 8.28 – 2 minuti prima del suo termine – l’intero reparto balza all’assalto. La 3^ Compagnia punta verso quota 1.486 mentre la 1^ e la 2^ verso la selletta fra le due quote maggiori dell’Asolone. A seguire si muovono tutte le altre colonne: a sinistra la Brigata Bari viene fortemente contrastata dall’artiglieria nemica, mentre sulla destra il 139° Fanteria riesce a sfondare e a raggiungere la quota 1.520 per poi collegarsi con la colonna di centro verso quota 1.487.
Gli Arditi di Mese – dopo aver travolto il nemico fra quota 1.440 e 1.486 – lasciano le posizioni alla 6^ Compagnia del 139° per dirigersi poi verso quota 1.487 e da lì proseguire in direzione Col della Berretta unendosi alla colonna di destra del 139° Fanteria. Tuttavia presso Casera Spadoni e Casera Spalazzari i reparti nemici della 40^ Divisione Honved riescono a bloccare l’avanzata degli Arditi. A questo punto della battaglia il IX° Reparto d’Assalto risulta essere totalmente disorganizzato a causa della concitata lotta nelle trincee e i suoi Arditi sono mischiati disordinatamente fra le schiere dei fanti del 139°. Per questo motivo – venuto a meno il loro slancio – Messe si vede costretto ad ordinare l’abbandono della vetta dell’Asolone alle ore 9.15. La ritirata viene portata a termine alle ore 10 non senza difficoltà a causa di reparti nemici riusciti a sboccare dalla Valle delle Saline per tagliare la strada alle truppe d’assalto italiane.
Il IX° Reparto d’Assalto paga a caro prezzo questa nuova azione sull’Asolone lamentando 5 morti e 8 feriti fra gli ufficiali, 30 morti e 140 feriti fra gli uomini di truppa e 6 dispersi. Fra gli ufficiali morti si cita il capitano della 3^ Compagnia Picaglia, caduto nel tentativo di soccorrere il Maggiore Messe rimasto tagliato fuori con il sottotenente Dario Vitali, il portastendardo del reparto. Quest’ultimo – per i suoi atti eroici – riceve la medaglia d’oro al valore militare con la seguente motivazione:
VITALI Dario, da Lucca
MOVM (1921) – Sottotenente complemento IX° Reparto d’Assalto
Porta stendardo di un battaglione Fiamme Nere, in un fierissimo combattimento fece sventolare alto il tricolore alla testa della prima ondata, infiammando ed entusiasmando i soldati. Convinto dell’importanza morale del sacro segnacolo di vittoria, lo tenne spiegato nei punti più pericolosi e minacciati anche quando attorno a lui imperversava la distruzione e la morte. Ferito gravemente con la perdita di un occhio, rifiutò di lasciare il combattimento. Accerchiato con altri pochi compagni da forze superiori, con sublime slancio, si scagliò in violenta ed impari lotta, riuscendo col suo eroico ardimento, a far abbassare le armi al reparto nemico che gli aveva tagliata la ritirata. Solo a combattimento ultimato si sottopose alle cure mediche. Fulgido esempio di eroismo e di alte virtù militari.
Monte Asolone – Col della Berretta, 25 ottobre 1918
Nella notte sul 26 ottobre la Brigata Bari e il IX° Reparto d’Assalto vengono ritirati dalla prima linea e portati nella zona di Monte La Gusella per riordinarsi. Il giorno successivo viene tentato un nuovo fallimentare attacco sull’Asolone da parte della 21^ Divisione con le Brigate Forlì e Siena.
L’offensiva riprende il giorno 29 ottobre con il concorso di un maggior numero di bocche da fuoco per proteggere l’avanzata della Brigata Calabria coadiuvata da ben tre reparti d’assalto. Le forze attaccanti vengono organizzate su tre colonne – due in prima linea e una di rincalzo – guidate ognuna da un reparto di Arditi. La prima colonna è composta dalla 1^ e 2^ Compagnia del IX° Reparto d’Assalto con due battaglioni del 60° Reggimento Fanteria e due compagnie mitragliatrici con obiettivo il superamento della vetta dell’Asolone. La seconda colonna è invece composta da un battaglione del 59° Fanteria, dal XXIII° Reparto d’Assalto, dalla 3^ Compagnia del IX° Reparto d’Assalto e dagli Arditi Reggimentali delle Brigate Calabria, Siena, Bari, Forlì e Basilicata con obiettivo di sfondare le quote 1.440 e 1.486 per poi penetrare in Val delle Saline. La terza colonna è composta da un battaglione del 59°, da due compagnie del LV° Reparto d’Assalto e da due compagnie di mitragliatrici divisionali con obiettivo il Col della Berretta, quota 1.292 e Col Caprile.
Alle 7 del mattino gli Arditi della 1^ e 2^ Compagnia del IX° Reparto d’Assalto si dispongono nelle trincee alla sinistra del cosiddetto “Fortino Regina”, mentre la 3^ Compagnia si dispone nelle trincee del Laghetto. Alle 9 inizia il bombardamento di preparazione italiano che tuttavia risulta particolarmente impreciso e corto, ostacolato anche da una densa nebbia che influisce negativamente anche sulle comunicazioni. Alle 9.25 la prima ondata esce dalle trincee per avvicinarsi ai reticolati nemici. Qui tuttavia il tiro corto dell’artiglieria italiana provoca qualche ferito fra gli Arditi. Alle 9.35 il tiro viene allungato permettendo ai reparti d’assalto di scattare in avanti seguiti dalla fanteria. In breve tempo la quota 1.520 viene raggiunta e gli Arditi proseguono il loro slancio verso Col della Berretta lasciando il 60° in direzione di Cason delle Fratte. A questo punto numerose mitragliatrici austro-ungariche – nascoste negli anfratti del terreno – aprono un fuoco infernale contro gli Arditi iniziando a causare i primi morti e feriti e arrestando decisamente l’assalto.
Contemporaneamente – dopo aver superato le quote 1.440 e 1.486 – anche la colonna guidata dal XXIII° Reparto d’Assalto viene investita da un intenso fuoco di mitragliatrici presso la Valle delle Saline, bloccandone così l’avanzata e il compito di fiancheggiamento.
Intuito il pericolo che potenzialmente poteva venire dalla Valle delle Saline, Messe invia un plotone di Arditi armati anche di lanciafiamme per dare supporto al XXIII° Reparto d’Assalto, ma anche questo tentativo viene bloccato sul nascere dal fuoco nemico. Anche il 60° Reggimento Fanteria non riesce ad occupare Cason delle Fratte a causa della nebbia che limita pesantemente l’appoggio dell’artiglieria italiana.
In questa scenario di confusione e quasi totale assenza di visibilità, gli Arditi riescono tuttavia a riprendere lo slancio ricacciando il nemico in fondo alla Valle delle Saline, conquistando la quota 1.486, proseguendo l’avanzata verso Col della Berretta e riprendendo il controllo di Cason delle Fratte. La nebbia è tanto fitta che il nemico viene riconosciuto solamente all’ultimo istante obbligando gli Arditi a violenti scontri corpo a corpo e all’arma bianca.
Un temporaneo miglioramento della visibilità mette allo scoperto le formazioni nemiche permettendo all’artiglieria italiana di limitarne l’aggressività. Le migliori condizioni atmosferiche tuttavia facilitano anche l’avversario che – dopo una lotta accanita dalle alterne vicende – obbliga le truppe italiane alla ritirata. Questa viene condotta in condizioni difficilissime e riesce a compiersi evitando un massacro solo grazie all’azione di coordinamento compiuta dal LV° Reparto d’Assalto, dal IX° Reparto d’Assalto e dal 60° Fanteria. Poco dopo le 11 tutti i reparti delle colonne italiane rientrano alle posizioni di partenza, mentre gli Arditi vengono portati nelle retrovie per la riorganizzazione.
Nel pomeriggio viene tentato nuovamente l’assalto da parte di una compagnia del 32° Reggimento Fanteria che tuttavia fallisce nuovamente. Durante questa giornata di combattimenti accaniti l’intero IX° Corpo d’Armata registra un totale di 79 ufficiali e 1.320 uomini di truppa fuori combattimento.
Il IX° Reparto d’Assalto registra invece un totale di: 5 ufficiali morti e 8 feriti, 44 uomini di truppa morti, 160 feriti e 11 dispersi. Il Tenente Maurizio Zanfarino – già decorato con due medaglie d’argento – è fra le vittime dell’assalto e per il suo coraggio viene decorato con la medaglia d’oro al valor militare:
ZANFARINO Maurizio, da Sassari
MOVM (1921) – Tenente IX° Reparto d’Assalto
In commutazione della Medaglia d’Argento concessagli con Regio decreto 21 marzo 1920: Ufficiale di altissimo ardimento, già distintosi in precedenti fatti d’arme, troncò volontariamente la licenza di cui stava fruendo quando seppe che il battaglione era sul punto di iniziare una nuova azione offensiva, e da ufficiale di vettovagliamento insisté per essere portato sulla linea del fuoco. In fiero vittorioso combattimento, funzionando da aiutante maggiore di un battaglione di assalto, diede prove luminose, del più puro eroismo. Acceso da sacro entusiasmo, fieramente percorse più volte il terreno di combattimento, spazzato in modo micidiale dal fuoco di artiglieria e di numerosissime mitragliatrici, per dirigere reparti e consigliare ed incitare i combattenti. Con un pugno di prodi si slanciò contro il nemico minaccioso, impegnando fierissima lotta corpo a corpo e riuscendo a spezzarne l’impeto. Ferito gravemente il porta stendardo del reparto, impugnò il tricolore, sollevandolo, nel fragore della battaglia, ad incitamento, come simbolo della vittoria. Colpito a morte da una pallottola di mitragliatrice, che gli trapassava la gola, si abbatté di colpo, ma, facendo appello alle sue ultime forze, si rizzò sulle ginocchia, e, con voce rantolante, in faccia al nemico lanciò l’ultimo grido «Viva l’Italia!».
Monte Asolone – Col della Berretta, 29 ottobre 1918
(Regio Decreto 23 ottobre 1921 – B.U. Dispensa n.67 del 29 ottobre 1921)
Nella notte sul 31 ottobre le divisioni austro-ungariche del Gruppo Belluno abbandonano le trincee di prima linea per dare inizio a quella manovra di progressivo sganciamento per tornare a schierarsi sulle posizioni precedenti la disfatta di Caporetto. La ritirata nemica viene tuttavia intercettata dalle truppe della 4^ Armata che pertanto – su tutto il fronte dal Brenta al Piave – si lanciano all’inseguimento. Gli obiettivi del IX° Corpo d’Armata sono quelli di raggiungere la linea Grigno – Monte Agaro per consolidare il possesso della conca feltrina e avvolgere poi il versante nord-orientale dell’Altopiano di Asiago bloccando così la ritirata all’11^ Armata austro-ungarica.
Per facilitare l’avanzata del corpo d’armata, il IX° Reparto d’Assalto viene nuovamente chiamato in causa e alle ore 14 gli Arditi salgono sugli autocarri in direzione Cismon. Arrivati a Tezze passano alle dipendenze della Brigata Siena: la 1^ Compagnia viene messa come avanguardia del 31° Reggimento Fanteria operante sulla destra, mentre la 2^ viene assegnata al 32° Reggimento Fanteria sulla sinistra.
Il 2 novembre – nei pressi di Grigno – la colonna di destra entra in contatto con il nemico riuscendo però ad averne rapidamente la meglio. Oltrepassato poi il Piave e arrivata nei pressi di Ospedaletto, la colonna subisce un nuovo durissimo attacco nemico che costa al IX° Reparto d’Assalto ben 3 morti (fra cui il comandante di plotone Tenente Ludovico Laini) e 7 feriti fra i quali il Tenente Piero Castelbarco.
Nel frattempo anche la colonna di sinistra incontra una dura resistenza nemica. Nei pressi di Selva le mitragliatrici austriache appostate in caverna davanti a Coston del Gobbo obbligano due pattuglie della 2^ Compagnia ad un assalto a colpi di bombe a mano e lanciafiamme per riuscire a sbloccare la situazione. I serventi tuttavia riescono a fuggire e a rinnovare la resistenza appostandosi in un’altra serie di caverne. Alle 5.30 del 3 novembre gli Arditi riescono finalmente ad avere ragione del nemico, aggirando le sue posizioni e catturandovi ben 40 uomini, armi comprese.
Da questo momento in poi l’avanzata degli Arditi non incontra più ostacoli. La colonna di sinistra occupa Olle, mentre quella di destra Strigno e Castelnuovo. Verso le 15 il IX° Reparto d’Assalto e i fanti della Siena entrano per primi a Borgo. Qui vengono scavalcati dal 1° Squadrone del Reggimento Cavalleggeri Padova che continua l’avanzata entrando a Trento alle ore 10 della sera stessa. Gli Arditi di Messe trascorrono quindi la sera a Borgo dove attendono l’armistizio. Il giorno 7 novembre le due compagnie vengono riportare in autocarro a Pove. Si conclude quindi la Grande Guerra del IX° Reparto d’Assalto, il cui stendardo viene decorato con la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione:
“Per l’irrefrenabile audacissimo impeto onde d’un solo balzo raggiunse sanguinosamente formidabili importanti posizioni. Col Moschin 16 giugno 1918, Col della Berretta 25 ottobre 1918”.
Eventi del 1919
Il IX° Reparto d’Assalto viene sciolto il 25 gennaio 1919 per poi essere ricostituito a Roma nel giugno dello stesso anno agli ordini del Maggiore Alessandro Parisi prima e del Tenente Colonnello Messe poi.
Eventi del 1920
Nell’aprile del 1920 il IX° Reparto d’Assalto viene inviato in Friuli e da qui in Albania dove vi rimane da giugno ad agosto 1920. Di questo periodo si ricordano le azioni del 19 giugno in cui gli Arditi di Messe si impadroniscono del villaggio di Majesturos e quella del 23 luglio sul Monte Messovum. In questo ultimo combattimento il reparto si trova agli ordini del Tenente Colonnello Domenico Mondelli, in quanto Messe si trova rimpatriato in Italia a causa di malattia. A seguito dello sgombero di Valona il IX° Reparto d’Assalto torna in Friuli dove viene definitivamente sciolto il giorno 17 novembre 1920 a Palmanova.
Gli eroici Arditi del IX° Reparto d’Assalto sono stati decorati con 3 medaglie d’oro al valore militare, 147 medaglie d’argento al valor militare, 88 medaglie di bronzo al valor militare e 8 croci di guerra al valor militare. Il suo tributo di sangue è di 139 morti e 34 dispersi.
Fonti Bibliografiche
- Di Martino Basilio e Cappellano Filippo: I reparti d’assalto italiani nella grande guerra (1915-1918) | Roma, Ufficio storico dell’esercito, 2007 (doppio volume)
- Roseano Roberto, Stacconeddu Giampaolo: Arditi Decorati e Caduti – Reparti d’Assalto, 1917-1920 | Autoprodotto (Amazon), 2016